Chiesa della Beata Vergine dello Spasimo
La chiesa della Beata Vergine detto anche dello “Spasimo” si trova a sud dell’abitato di
Cerea, dove la strada centrale del paese si biforca in due rami che portano uno a Legnago
e l’altro ad Aselogna.
La sua costruzione risale ai primi anni del 1700 la dove era presente da tempo un capitello
votivo, fatto erigere dall’allora parroco Filipperio come ex voto in seguito alla peste del
1630 e dedicato alla “Madonna dello Spasimo”.
La devozione popolare dell’immagine di Maria Vergine, dipinta sul capitello ed ossequiata
col titolo “delle Grazie”, era talmente nota anche nei paesi vicini che spinse
l’amministrazione comunale del tempo ad erigere una chiesa che inglobasse il primitivo
capitello. La costruzione fu finanziata con le elemosine dei fedeli devoti.
La chiesa fu consacrato e aperto al culto nel 1716 in occasione della visita pastorale del
Vescovo di Verona Marco Gradenigo, come riportato nell’epigrafe posta sopra la porta
ovest della chiesa.
La facciata è caratterizzata da un doppio ordine di paraste, presente anche in altri edifici di
culto eretti nello stesso periodo nel territorio ceretano, come la Chiesa di San Vito e
l’oratorio della Paganina.
Sotto il timpano della facciata, quale appello propiziatore che si accorda con il ricordo
della tremenda pestilenza, è riportata la seguente scritta:
VIRGO CERETAE BONA CUNCTA DONA ET PROCUL SENPER MALA CUNCTA
PELLE.
Nell’interno degno di interesse è il settecentesco altare maggiore, in marmo, con la parte
superiore che incornicia il dipinto del primitivo capitello affrescato sul retro con una
crocifissione e davanti l’immagine della Vergine Maria. La volta del presbiterio e della
chiesa, ad aula unica, presenta decorazioni parietali eseguite tra il Settecento e
l’Ottocento; non vi sono tele.
Al centro del soffitto è dipinta la Madonna assunta in cielo: il dipinto, di autore ignoto, non
è originale, perché la Madonna è una fedele copia dell’Assunta del Tiziano (1518) che si
trova a Venezia nella Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari.
Di grande interesse è il piccolo organo che si trova sopra la porta d’ingresso principale: è
opera settecentesca dello Zavarise. Di stile neoclassico, è composto da 25 canne di
stagno disposte a piramide. All’interno ci sono ben 484 canne. Sopra la tastiera (di bosso
ed ebano) è riportata l’iscrizione (Girolamo Zavarise di Verona compì quest’opera
nell’anno del Signore 1775).
La parete absidale esterna, ornata da eleganti partiture architettoniche tanto da far
supporre l’esistenza di un secondo accesso in seguito tamponato, è decorata con una
gran croce in rilievo, una lancia e una canna che reca in cima una spugna.
Negli ultimi decenni la chiesa è stato oggetto di interventi di recupero conservativo.
L’ultimo in ordine di tempo, eseguito nel 2018, comprendente il rifacimento del pavimento
ha messo alla luce una serie di antiche sepolture.
In particolare trattasi di una grande tomba formata da due camere a volta, posta al centro
della chiesa con i resti ossei di circa 50 persone e cinque sepolture singole.
Della prima se ne conosceva l’esistenza, in quanto nel pavimento erano situate due grandi
pietre sepolcrali di marmo, con incisa la data della costruzione (1731) e l’indicazione della
separazione tra sepolture femminili (a sinistra) e maschili (a destra); quelle delle altre
cinque è stata invece una scoperta inattesa. Attraverso la ricerca presso l’archivio storico
della parrocchia di Cerea è stato possibile effettuare una presumibile attribuzione ad
alcune delle sepolture singole: Francesco Zampieri, parroco di Cerea dal 1697 al 1722,
morto all’età di 80 anni; Conte Adriano Pompei, nobile abitante nel territorio, morto all’età
di 35 anni e Giovanni Maria Bazolo, morto all’età di 74 anni. Le incisioni presenti su alcune
piastrelle e lapidi del pavimento, hanno confermato quanto rilevato negli archivi
parrocchiali.